Pasqua itinerante 2023 a Firenze
Ospitiamo questa bella e lunga lettera di Michele e Cristina della comunità di Ballabio che sono venuti a conoscerci nella Settimana Santa
Siamo Cristina, Michele, Samuele e Caterina e da meno di due anni viviamo nella comunità di famiglie di Ballabio, Il Villaggio. Per questo Triduo Pasquale 2023 abbiamo desiderato ardentemente trovare l’occasione di confrontarci con un’altra comunità di famiglie e vivere allo stesso tempo la possibilità di pregare insieme ad un gruppo di Ricostruttori nella preghiera (di cui poi approfondiremo durante questo racconto).
La situazione ideale è stata contattare la comunità di famiglie In Cammino che si trova a Firenze Nord, San Martino: avevamo scoperto l’estate scorsa il link tra loro ed i Ricostruttori che si trovano circa ad un’ora di strada da Firenze Nord.
La prima istanza che ci ha folgorati è stata l’accoglienza! Sarà banale per noi “del giro” ma stare dall’altra parte, dalla parte degli accolti non è usuale per noi che ci troviamo spesso dalla parte di chi accoglie e trovare una disponibilità così generosa, calorosa e oserei dire coccolosa non è da poco! Mi ha fatto anche rivedere lo stile con cui a volte accogliamo noi, eh eh.
Ci siamo trovati ad occupare il saloncino che hanno tra gli spazi comuni, insieme alla cucina in condivisione con gli accolti (una famiglia ucraina di tre persone ed una giovane donna nigeriana). Ma il tempo a noi dedicato è stato super e di più di quanto potessi immaginare. Samuele poi, di ben 4 anni, ha prosciugato la santa pazienza di Francesco di anni 10 (e a quell’età la differenza è assai per interessi e competenze cognitive diciamo) eppure ciascuna delle due famiglie ci ha dedicato davvero tanto tempo ed ha accolto la nostra sete di confronto, di dubbi e perplessità che questo grande “gioco” del vivere un’alternativa possibile scaturisce in noi quotidianamente. Una scommessa che decidiamo di giocare fino in fondo davvero ogni giorno e che ci regala dei grandi sali e scendi da montagna russa vertiginosa.
Siamo partiti con il desiderio di scoprire cosa vuol dire questo essere “fratelli tutti” che tanto aleggia da un po’ di riunioni dei presidenti alle quali ho partecipato da quando sono presidente de Il Villaggio; andare a vedere cosa vuol dire fare comunità a livello strettamente relazionale, non solo a livello di spazi, ambienti domestici, accolti e attività sul territorio. Poi certo, la curiosità immensa di vedere gli spazi altrui c’è ed è scalpitante.
Siamo approdati venerdì 7 aprile nel primo pomeriggio e subito ci è stato dato da mangiare, dopo una mattinata di viaggio abbastanza intensa. Poi abbiamo familiarizzato gradevolmente con il magnifico giardino che affaccia sulla città, sembra proprio di avere Firenze ai propri piedi! Una vista niente male che svetta tra i numerosi e rigogliosi ulivi del giardino. Poi abbiamo partecipato alla celebrazione parrocchiale del venerdì santo ed infine cena presso la famiglia di Elena e Mario, con i loro tre fantastici figli (tra cui quel santo di Francesco) e la mitica nonna Maria che da sola si è incamminata dalla Calabria per raggiungere la figlia Elena a Firenze, e che ha coccolato Caterina come fosse una sua nipotina.
Il sabato santo è iniziato con una super mattinata di ora et labora: lavori nel mitico giardino, di varia natura, intervallate da tre letture/preghiere/spunti che tre persone generosamente offrivano. La prima è toccata a me, poi a Victoria (dall’Ucraina) e Joy (dalla Nigeria). Uno scambio senza confini e multilingua. A me sta risuonando molto, da diverso tempo a questa parte, il discorso che riguarda l’amore paziente e benevolo. Così ho deciso di dedicare a quel momento questa lettura tratta dal capitolo sull’amore matrimoniale dell’enciclica papale Amoris Laetitia:
Il problema si pone quando pretendiamo che le relazioni siano idilliache o che le persone siano perfette, o quando ci collochiamo al centro e aspettiamo unicamente che si faccia la nostra volontà. Allora tutto ci spazientisce [...]
Questa pazienza si rafforza quando riconosco che anche l’altro possiede il diritto a vivere su questa terra insieme a me, così com’è. Non importa se è un fastidio per me, se altera i miei piani, se mi molesta con il suo modo di essere o con le sue idee, se non è in tutto come mi aspettavo. L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato.
[...]la “pazienza” non è un atteggiamento totalmente passivo, bensì è accompagnata da un’attività, da una reazione dinamica e creativa nei confronti degli altri. Indica che l’amore fa del bene agli altri e li promuove. Perciò si traduce come “benevola”.
[...]l’amore non è solo un sentimento, si deve intendere nel senso che il verbo “amare” ha in ebraico, vale a dire: “fare il bene”. Come diceva sant’Ignazio di Loyola, «l’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole». In questo modo può mostrare tutta la sua fecondità, e ci permette di sperimentare la felicità di dare, la nobiltà e la grandezza di donarsi in modo sovrabbondante, senza misurare, senza esigere ricompense, per il solo gusto di dare e di servire.
Perché lo fai? Perché vivere con il tuo vicino a stretto contatto, accogliendo estranei e mettendo in comune le risorse? Queste le domande più frequenti che ricevo da chi vede dall’esterno l’esperienza della comunità di famiglie. E questo testo dell’enciclica spiega abbondantemente perché. Ma soprattutto mi esorta a non rinunciare alla scommessa della fiducia e della relazione autentica con le persone con le quali mi trovo a vivere! Anche se frustrante e difficile, anche se il passo è diverso e a volte mi spazientisco perché andrei più veloce o perché penso sia evidente prendere una certa direzione invece di quell’altra. E poi mi solleva dalla snervante tensione verso l’idillio relazionale che è una chimera se vissuto solo attraverso il canone della perfezione e priva di perdono fraterno. E aggiungo: viva, viva e ancora viva la creatività!!! che possono metterci in questa vita comunitaria: i miei modesti talenti, le mie risorse, il mio tempo, le idee che possono far sognare le nostre vite e che insieme a quelle degli altri far evolvere l’esperienza di vita comunitaria a tutto tondo.
Successivamente c’è stato il pranzo condiviso con tutti gli abitanti della comunità e mi ha colpito il ripercorrere tutti i lavori svolti durante la mattinata, con tanto di applausi ed entusiasmo. Altro pezzo che mi porto nel cuore: la capacità di riconoscere e ringraziare per ciascuno sforzo compiuto, ogni lavoretto svolto, anche quello più piccolo e umile. Meraviglioso!
Condivisione partecipata: altro momento folgorante! Ci hanno dedicato un tempo di racconto e confronto aperto su ciò che come famiglia ci portiamo dentro, in termini di desideri, sogni, dubbi, fatiche, di questo primo bilancio di vita comunitaria alla soglia dei quasi 2 anni di esperienza. Ci siamo anche regalati un piccolo e semplice momento di silenzio e preghiera dopo i racconti, nella deliziosa. cappellina che la comunità si è creata all’interno della casa.
Il pomeriggio liberi tutti ma la santa Elena e Francesco hanno accompagnato me e i bimbi a prendere un dolcissimo gelato e a godere di un bel parco cittadino vicino alla comunità. Cena da Giovanna e Giovanni prima della Veglia Pasquale.
Michele invece ha potuto vivere il tanto atteso sabato santo e la notte pasquale dai Ricostruttori al Borgo Tutto è Vita insieme a Mario!
Michele: esperienza che custodisco nel cuore come un tesoro prezioso …
Esperienza così vera e profonda che mi ha fatto pensare a questo versetto del vangelo di Matteo 13.44-45: Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
In verità questo mi fa pensare, se la scelta di vita a cui abbiamo aderito, è quel tesoro nascosto nel campo.
Ritorniamo ai Ricostruttori: siamo arrivati al Borgo perso tra le montagne sopra Prato verso le 18.30 e quando siamo arrivati abbiamo trovato un alveare di persone intente a costruire il Borgo nel silenzio. È stato come battere il viso contro un velo invisibile, con Mario ci abbiamo messo un po' prima di ambientarci in questo nuovo contesto. I monaci e i loro amici (saranno state più di 100 persone) avevano iniziato a lavorare in silenzio da giovedì, e questa carica energetica di lavoro, fatica, digiuno, pensieri ed emozioni senza voce, meditazione, messe ecc., l’ho sentita tutta appena arrivati. Per cercare di entrare nel giro, io e Mario abbiamo deciso di meditare insieme. Dopo aver cercato di fare silenzio dentro di noi ci siamo buttati a lavorare, c’era da stuccare, spostare la legna, fare l’orto, ripulire una strada, tirare su un muro, fare il cemento. I ricostruttori stanno ri-costruendo lì un Borgo dove tutt’ora vivono alcuni di loro ma che in futuro ospiterà a vivere monaci e persone che contempleranno in quel luogo il loro ultimo respiro e lo faranno tramite la meditazione; il Borgo diventerà un Hospice di meditazione aperto a credenti, non credenti e credenti in altre fedi! Vi invito ad andare a vedere è sorprendente! Alle 21.30 abbiamo smesso di lavorare, e guidati dal suono di un corno, ci siamo diretti in sala meditativa e abbiamo meditato tutti e tutte insieme. Terminata la meditazione c’è stato il tempo fino alle 23.30 per chi lo desiderava di andarsi a confessare per poi darsi l’appuntamento davanti al falò alle 23.30. Terminata la veglia davanti al falò, a mezzanotte e mezza circa, le persone hanno indossato una veste bianca e sempre in silenzio ci siamo diretti verso la sala di meditazione dove abbiamo tenuto la messa di Pasqua, terminata la quale abbiamo potuto ricominciare a parlare, è stata festa! Alle 2 di notte abbiamo cenato e quindi rotto il digiuno con i monaci, continuando a festeggiare poi verso le 4 del mattino ricchi di questa esperienza ci siamo rimessi in viaggio verso Firenze e la comunità.
Il giorno di Pasqua, dopo la messa, abbiamo potuto camminare fino in centro per raccogliere un po’ di bellezza della città insieme al caos di quei giorni di festa.
Un pasto conviviale ci ha accompagnati fino alla partenza pomeridiana per tornare a casa.
Essere connessi, viversi accanto ma mai connessi davvero, nel profondo…ciascuno come può certo, ciascuno con la sua intensità, ma a volte è difficile accettarne i silenzi, i non detti, le intenzioni in sospeso, i sogni sepolti, lo scorrere del tempo che incalza, la difficoltà di esprimersi senza ferire…ferite non risanate, calli induriti… Grandi discorsi che ci accompagnano e a volte non fanno chiudere occhio.
Pellegrinando tra le comunità cercheremo sempre più di nutrire queste grandi istanze, incontrando tutti quei “fratelli tutti” che MCF accomuna in qualche modo e che fa danzare con il mondo “normale” in cui siamo inseriti.
di Cristina e Michele